L’origine della chiesa è testimoniato proprio dagli Annales Camaldolenses (tomo III, pagg.222,225 e in libro XXIX “: "Abbatiae S.Nicolai fundator, vel restaurator facile fuerit Romualdus") e dal rinvenimento in questo luogo di un capitello in marmo bianco con lo stemma della congregazione dei Camaldolesi.
Nel 1118 il monastero entrò in possesso della famiglia dei Bulgari, conti di Marsciano e proprietari del Castello di Parrano. È citata nel catasto del 1292 come Villa Abbatie Montis Orvietani, all'interno del piviere di Ficulle, con riferimento alla abbazia che successivamente diede il nome ad una villa. A quella data, secondo quanto riportato nel catasto del 1292, era abitata da una comunità laico-religiosa operosa ed autosufficiente, che nel territorio Orvietano non aveva eguali per quantità di possedimenti. Addirittura in questo documento si parla di possedimenti smisurati.
Nell'Abbazia di S. Niccolò, nei primi anni del XII secolo vestì l'abito monacale il Magister Gratiano, il monaco camaldolese, illustre giurista e fondatore del diritto canonico. Nel "De viris illustribus" di Giovanni Colonna del 1335 si legge: "Gratianus monachus Abbatiae Montis Orbetani dioecesis Urbevetanae ex oppido Carraia prope Ficulas homo studiosissimus fuit". Al Monaco Graziano si deve un'opera imponente, il primo tentativo di conciliare le varie contraddizioni che scaturivano ormai copiose dai testi sacri, grazie a varie opere come il "Sic et non" del filosofo Abelardo. Attingendo gran parte dalla "Panormia" di Ivo de Chartres e da altre collezioni che erano nate copiosamente nel periodo gregoriano, scrisse il famoso "Concordia discordantium canonum", passato poi alla storia come "Decretum Graziani" o "Corpus iuris canonici".
Il Papa San Giovanni Paolo II, in occasione della presentazione ufficiale del "Nuovo Codice di Diritto Canonico ricordò: "A questo riguardo mi sia consentito, fra le tante figure di canonisti e giuristi, meritatamente famosi, nominare almeno il monaco Graziano, l'autore del "Decretum" (Concordia discordantium canonum), che Dante colloca nel quarto suo cielo, tra gli spiriti sapienti, in compagnia di sant'Alberto Magno, di san Tommaso d'Aquino e di Pietro Lombardo, esaltandolo perché:
« quell'altro fiammeggiare esce del riso
di Grazïan, che l'uno e l'altro foro
aiutò sì che piace in paradiso. »”
(Dante Alighieri, Divina Commedia - Paradiso, canto X, vv.103-105)
Una tradizione locale molto antica afferma che in questo monastero fu ospitato San Francesco d’Assisi in uno dei suoi viaggi, molto probabilmente quello del 1212 verso Sarteano in cui si fermò anche presso il Convento della Scarzuola nel Comune di Montegabbione. Fu proprio in quell’occasione che il Santo avrebbe scelto un luogo solitario, non molto distante, per farvi edificare un convento per i suoi frati. Quel convento fu effettivamente costruito, anche se molto presto risulta essere stato abbandonato (della chiesa si hanno notizie fino al 1576). Dell’intera struttura restano oggi solo alcuni ruderi chiamati “Mura di San Francesco”. Il materiale servì per costruire il convento dei frati Cappuccini presso Ficulle (1580-1587).
Fu forse proprio per le ingenti ricchezze della comunità che risiedeva presso l'Abbazia che nel XIV secolo essa divenne sede di aspre contese fra le due fazioni che si disputavano la supremazia nel territorio orvietano, i Monaldeschi della Vipera, signori di Orvieto e Ficulle, e i Conti Bulgari signori di Marsciano e Parrano. Tali dispute turbarono la pace di quel luogo, che si trovava in zona di confine e soggetto a continue soverchierie. I monaci si trovarono perciò costretti ad abbandonare l’Abbazia di San Niccolò al Monte. L’edificio fu trasformato in un fortilizio cambiando padrone più volte e subì diverse traversie, incendi, e mutamenti strutturali. I Conti Bulgari dominarono sull'Abbazia di San Niccolò al Monte Orvietano fino al 1471, anno in cui essa, per disposizione della Santa Sede, fu riunita alla mensa capitolare della Basilica di Santa Maria Maggiore di Roma. Secondo fonti storiche tuttavia l'Abbazia fu definitivamente abbandonata nel 1351, dopo che l'ultimo violento incedio distrusse gran parte del fortilizio e provocò la caduta della grande torre dodecagonale.
Probabilmente dopo tale data la popolazione locale cominciò ad appropriarsi di ciò che restava dell'Abbazia e ricostruì una parte della chiesa, dandole la forma attuale. Nel 1642 una bolla di Papa Urbano VIII impose ai Canonici di Santa Maria Maggiore di concedere "alla Comunità e agli uomini di Ficulle" in enfiteusi perpetua tutti i beni dell'Abbazia di San NIccolò al Monte Orvietano per un canone annuo di 300 scudi. Di tale importante evento resta ancora memoria in una delle lapidi marmoree poste nella Piazza principale del paese. A seguito dell'enfiteusi l'intero complesso fu trasformato nel corso dei secoli in abitazioni rurali per i contadini del posto, lasciando all’Abbazia l’attuale conformazione. Il fenomeno dello spopolamento delle campagne avvenuto nel 1900 non ha lasciato indenni le costruzioni del luogo, che progressivamente sono state abbandonate.
Alla fine degli anni ’80, dopo un lungo periodo di abbandono, sono iniziati i lavori di restauro della chiesa, che hanno comportato negli anni il rifacimento del tetto, il consolidamento delle pareti, il restauro dell’affresco raffigurante “La crocifissione” presente all’interno della chiesa raffigurante il Cristo morente sulla croce datato 1568 e recentemente il rifacimento della pavimentazione interna.
Nel corso del 2014, preliminarmente ai lavori di rifacimento della pavimentazione interna della chiesa finanziati dalla Regione Umbria è stata condotta una campagna di scavi archeologici durante la quale è stata operata l’asportazione delle stratigrafie che in varie epoche avevano coperto le strutture più antiche. Nella porzione orientale della chiesa sono state rinvenute 3 absidi appartenenti a una chiesa antecedente. Il risultato di tali scavi è attualmente visibile grazie alla pavimentazione apposta, realizzata in vetro e metallo.
All’esterno della chiesa è presente il “Sentiero delle Croci”, un’antica via crucis realizzata all’interno dei boschi della vallata circostante, praticata dai pellegrini che si recano a piedi da Ficulle all’Abbadia di San Niccolò e viceversa, recentemente ripristinata e sistemata grazie a finanziamenti regionali. Il sentiero, interamente percorribile a piedi, partendo da località monte porta direttamente all'Abbazia e viceversa e presenta ancora alcune delle antiche croci che costituivano una suggestiva Via Crucis nel bosco. Nell'antichità questo storico sentiero costituiva probabilmente la principale via di accesso all'Abbazia.
Il borgo di Ficulle è attraversato dalla via Romea Germanica, che va da Stade in Germania a Roma, passando proprio per l'Abbadia di San Niccolò al Monte Orvietano.
Alcuni studi recenti hanno evidenziato che l'Abbazia si trova al centro di un impluvio avente la forma di una conchiglia (capasanta). Ciò sicuramente ne ha favorito nei secoli l'approvvigionamento idrico. Non sfuggirà però la curiosa coincidenza con la conchiglia di San Giacomo, indiscusso simbolo di tutti i pellegrinaggi.